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Il negozio testamentario è la piena espressione del principio di autodeterminazione negoziale di ogni cittadino. A tal proposito, la previsione costituzionale contenuta nell’art. 42, ultimo comma, Cost. indica come socialmente rilevante l’esigenza della persona di disporre dei propri interessi per il tempo in cui avrà cessato di vivere. In forza di tanto, il legislatore ha inteso costruire l’intero impianto normativo orientandosi fra l’esigenza di attribuire ampia libertà al testatore e quella di tutelare determinate categorie di soggetti, i cui diritti sono considerati riservati ed intangibili.
Il testamento si atteggia, dunque, ad atto che può racchiudere le più disparate disposizioni, patrimoniali e non, tipiche ovvero non specificatamente contemplate dall’ordinamento, tutte finalizzate alla regolamentazione degli interessi post mortem del de cuius. A tal fine, l’autonomia testamentaria si serve di due strumenti: l’istituzione di erede o l’attribuzione mediante legato.
Facciamo un esempio: Tizio è titolare di un importante studio legale, recante il proprio nome, in Roma. Egli è alla guida di un folto gruppo di avvocati e vuole consentire loro di utilizzare il proprio nome anche successivamente alla propria morte a beneficio dei componenti del suo stesso studio. La clientela, infatti, è fidelizzata al suo studio ed il suo nome è garanzia di successo in ogni contenzioso legale. Come procedere?
La natura giuridica di tale disposizione è controversa: secondo taluni potrebbe, da un lato, essere ricondotta nel novero delle disposizioni a contenuto non patrimoniale e, per altri, è connotata certamente dal carattere della atipicità. Quel che è certo è che con esso il testatore dispone, a titolo di legato, del valore patrimoniale costituito dal proprio nome. Attribuire a taluni il diritto all’utilizzazione del proprio nome si traduce nel potere di utilizzarlo in via esclusiva e in quello di impedire a terzi l’utilizzazione indebita.
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Affinché tale disposizione contenuta nel testamento del professionista sia effettivamente eseguita e la volontà del testatore rispettata è possibile procedere all’apposizione di un modus o una condizione testamentaria. Nel primo caso, per l’adempimento dello stesso, potrà agire ogni soggetto interessato e, in caso di inadempimento, l’autorità giudiziaria potrà intervenire pronunciando la risoluzione della disposizione testamentaria nelle ipotesi in cui essa sia stata prevista dal testatore ovvero se l’adempimento dell’onere abbia costituito il solo motivo determinante della disposizione.
L’indicazione del nome potrebbe, altresì, atteggiarsi a condizione sospensiva o risolutiva di una disposizione testamentaria di un fatto lecito dedotto in condizione.
La differenza principale consiste nella differente modalità di acquisto del diritto.
Il legato si acquista ex sé, senza bisogno di accettazione (fatta salva la facoltà di rinunzia).
La nomina ad erede necessita dell’accettazione ai fini dell’acquisto della qualità di erede. L’effetto dell’accettazione risale al momento dell’apertura della successione.
In particolare, nella ipotesi in cui i collaboratori dello studio professionale non siano anche eredi, l’attribuzione è da considerarsi a titolo particolare e si atteggia quale legato.
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Nell’attribuzione del nome a determinati soggetti, suoi collaboratori, il professionista non può non tener conto dei limiti al suo potere di testare. In particolare, il limite maggiore è costituito dall’art. 549 c.c. il quale sancisce il divieto di porre pesi o condizioni sulla quota spettante ai legittimari.
Invero, non si può negare che sia vietato al testatore di imporre ai legittimari, in riferimento ai diritti di riserva, l’obbligo di indicare il proprio nome nella denominazione dello stesso.
Tale disposizione, infatti, potrebbe rendere gravosa la posizione di tali soggetti che, in forza della già richiamata norma, deve essere assolutamente libera da pesi e condizioni.
Ne discende che quella disposizione imposta sul legittimario istituito nella sola quota di legittima debba essere considerata nulla e, pertanto, irricevibile, ai sensi dell’art. 28 della legge notarile, da parte del notaio cui fosse affidata la riduzione in iscritto delle ultime volontà del de cuius–professionista.
Qualora, al contrario, il legittimario sia stato istituito in una quota di eredità, e non nella sola quota di legittima, la sanzione colpirà soltanto quella parte della disposizione che dovesse gravare sui diritti di riserva.
Il costo dell’atto notarile è soggetto a variazioni a seconda del contenuto dell’atto. Solitamente, tale disposizione è solo parte del più ampio contenuto dell’atto con cui il testatore intende disporre delle proprie sostanze. È sempre possibile chiedere un preventivo gratuitamente e senza impegno direttamente al notaio attraverso il nostro sito.
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