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L’associazione in partecipazione, disciplinata dagli art. 2549-2554 c.c., è uno specifico contratto col quale un soggetto (che normalmente è l’imprenditore e si definisce “associante”) attribuisce ad un altro soggetto (detto “associato”) la partecipazione agli utili dell’impresa relativamente al compimento di uno o più affari, prevedendo un corrispettivo adeguato alle mansioni del lavoratore.
Si tratta di un contratto consensuale, dal momento che prevede l’accordo dei soggetti che lo stipulano, e a prestazioni corrispettive, perché vi è un certo equilibrio tra gli obblighi dell’associante e quelli dell’associato.
Questo tipo di contratto presta il fianco a non infrequenti rapporti fraudolenti, ecco perché si rende necessaria l’individuazione di una categoria contrattuale. Inoltre è sempre bene capire se l’atto da stipulare richiede forma scritta.
Onde evitare forme di abusi che possano condizionare, in negativo, la validità del contratto, è stata introdotta una norma che disciplina una speciale presunzione di rapporto di subordinazione a tempo indeterminato nelle seguenti ipotesi:
Si deve poi precisare che, dalla riforma entrata in vigore il 25 giugno del 2015, è vietata la stipulazione di contratti in associazione con apporto di lavoro da parte dell’associato- persona fisica (art. 2549 riformulato). La disciplina rimane comunque in vigore per i contratti già stipulati alla data del 25 giugno 2015, fino alla loro cessazione.
Generalmente non sembra obbligatoria la forma scritta ai fini della validità del contratto, tuttavia essa garantisce maggiormente l’associato non solo in termini retributivi e contributivi, ma anche e soprattutto legali e giudiziari. In poche parole, l’atto pubblico del Notaio tende a prevenire il contenzioso giudiziario che potrebbe insorgere davanti al giudice del lavoro, qualora l’associato contesti termini o condizioni del rapporto di lavoro inerente al contratto stipulato.
La figura del notaio, ancora una volta, si ritiene fondamentale per dare un ulteriore indirizzo normativo all’accordo delle parti.
In pratica, il contratto di associazione in partecipazione può essere ricevuto dal Notaio e può avere la forma dell’atto pubblico o della scrittura privata autenticata.
La forma scritta si deve considerare obbligatoria (a pena di nullità del contratto) se l’apporto nell’associazione consiste in:
Nei casi prima elencati, oltre alla forma scritta è obbligatoria anche la registrazione, soprattutto a fini fiscali e antielusivi.
Per registrare un contratto di associazione in partecipazione vi sono due modalità alternative:
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Essendo l’associazione in partecipazione un contratto che prevede (ad oggi) solo un apporto economico, si può parlare di somme di denaro da investire, o di finanziamenti di determinate operazioni che rientrano nell’attività imprenditoriale dell’associante. Dunque è a quest’ultimo che spetta la titolarità dell’impresa e la responsabilità relativa ai rapporti giuridici (di debito e credito) nei confronti dei terzi. A costui si imputa il cosiddetto rischio di impresa.
Viceversa, all’associato è riconosciuto il diritto di partecipare agli utili, mentre le perdite non possono mai superare l’ammontare complessivo del conferimento iniziale. Questa disposizione trova cittadinanza nell’esigenza di tutelare l’associato e renderlo indenne rispetto a perdite sproporzionate rispetto al suo apporto nell’associazione. Ecco perché egli conserva un diritto di controllo e rendiconto periodico (annuale) sull’affare concluso.
Può essere anche pattuito - sempre a favore dell’associato - un potere di controllo sulla gestione dell’impresa, nonché sullo svolgimento di un particolare affare per cui l’associazione è stata costituita (art. 2552, comma 2, c.c.).
Dal 2015, l’apporto dell’associato, in quanto persona fisica, può essere costituito esclusivamente da capitali (non più anche da lavoro), vale a dire:
Per quanto riguarda il trattamento fiscale riservato a questo tipo di conferimento, esso varia a seconda della tipologia di associato.
Se l’associato è una persona fisica che non esercita attività d’impresa, l’importo percepito viene tassato nella misura del 58,14%, se il contratto è qualificato, o con una ritenuta a titolo d’imposta fatta dall’associante nella misura del 20%, se il contratto non è qualificato.
Se l’associato è un’impresa individuale o una società di persone con sede nel territorio nazionale, l’importo rientra nella formazione del reddito d’impresa, in quanto tale soggetto a tassazione nella misura del 58,14%.
Se l’associato è una società di capitali che ha sede nel territorio nazionale l’importo rientra nella formazione del reddito d’impresa, soggetto a tassazione nella misura del 5% (secondo quanto stabilito dall’art. 89, comma 2, del TUIR).
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