Ente del Terzo settore e Comitato
- Comitati e terzo settore: l’inclusione nella nuova disciplina alla luce del codice del terzo settore
- Definizione di ets e l’inquadramento normativo dei comitati
- Iscrizione dei comitati nel runts: presupposti e compatibilità
- Personalità giuridica e articolo 22 del codice del terzo settore
- Temporaneità del comitato e durata dell’ente ets
- Comitato e nuove prospettive
- Patrimonio minimo richiesto: un criterio proporzionale
- Comitati “formali” e comitati “denominativi
Comitati e Terzo Settore: l’inclusione nella nuova disciplina alla luce del Codice del Terzo Settore
Uno dei pilastri della riforma introdotta con il Codice del Terzo Settore (D.lgs. n. 117/2017) è rappresentato dall’inquadramento sistematico e organico delle varie tipologie di enti che operano, senza finalità di lucro, per il perseguimento di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale. Tra le innovazioni di maggior rilievo, merita particolare attenzione l’inserimento dei comitati tra i soggetti potenzialmente ammessi a entrare nel perimetro del Terzo Settore.
Se fino ad oggi i comitati erano spesso considerati forme organizzative residuali, legate a iniziative temporanee o a scopi circoscritti, il nuovo impianto normativo riconosce loro una dignità giuridica più definita, aprendo la possibilità di accedere al Registro Unico Nazionale del Terzo Settore (RUNTS), e perfino – se ricorrono determinati presupposti – di ottenere personalità giuridica.

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Definizione di ETS e l’inquadramento normativo dei comitati
L’articolo 4 del Codice del Terzo Settore fornisce per la prima volta una definizione unitaria di ente del Terzo settore (ETS), comprensiva di una pluralità di soggetti accomunati da specifici requisiti formali e sostanziali. In particolare, il legislatore ricomprende non solo le forme organizzative classiche come associazioni e fondazioni, ma anche “altri enti di diritto privato diversi dalle società”, che svolgano attività di interesse generale senza scopo di lucro.
Tra questi, rientrano a pieno titolo anche i comitati, a condizione che non perseguano finalità lucrative, non operino, in via esclusiva o prevalente, per il raggiungimento di scopi civici, solidaristici o di utilità sociale, siano iscritti nel RUNTS, svolgano le proprie attività mediante forme quali l’azione volontaria, la gratuità nell’erogazione di beni o servizi, la mutualità o la produzione/scambio di beni o servizi.
Tale formulazione si allinea ai principi direttivi della legge delega n. 106/2016, che ha ispirato l’intera riforma, in particolare valorizzando sia il diritto di associazione e la libertà di costituire formazioni sociali (art. 2, lett. a), che l’autonomia statutaria degli enti (art. 2, lett. c).

Iscrizione dei comitati nel RUNTS: presupposti e compatibilità
La possibilità per i comitati privi di personalità giuridica di iscriversi al RUNTS è oggi ampiamente riconosciuta, tanto in dottrina quanto nella prassi amministrativa. In particolare, la Sezione “altri enti del Terzo Settore”, di cui all’articolo 46, comma 1, lettera g) del Codice, è espressamente destinata a soggetti che – pur non rientrando tra le ODV, APS, enti filantropici, imprese sociali, reti associative o società di mutuo soccorso – rispettino i requisiti generali dell’art. 4.
Tale lettura trova riscontro anche nella giurisprudenza di legittimità, la quale, pur in assenza di personalità giuridica, riconosce ai comitati la capacità di agire e di essere titolari di situazioni giuridiche soggettive, incluse le situazioni patrimoniali e obbligatorie (tra le sentenze più citate: Cass. civ. n. 3898/1986 e n. 21880/2020).
Ciò che rileva, quindi, non è tanto la forma quanto la sostanza dell’attività svolta: se il comitato rispetta i requisiti del Codice, è legittimato a iscriversi al RUNTS e a godere dello specifico regime giuridico previsto per gli ETS.
Personalità giuridica e articolo 22 del Codice del Terzo Settore
Una questione particolarmente delicata riguarda la possibilità, per un comitato, di ottenere la personalità giuridica secondo quanto previsto dall’articolo 22 del Codice del Terzo Settore.
La norma in questione, infatti, consente ad associazioni e fondazioni iscritte nel RUNTS di acquisire personalità giuridica mediante iscrizione, in deroga alla procedura ordinaria prevista dal D.P.R. 361/2000. In apparenza, quindi, i comitati sarebbero esclusi, in quanto non espressamente menzionati. Tuttavia, una lettura sistematica e non formalistica porta a concludere diversamente.
In primo luogo, l’articolo 41 del Codice Civile , che disciplina la responsabilità dei componenti dei comitati, lascia intendere in via indiretta la possibilità per essi di ottenere il riconoscimento giuridico. In secondo luogo, il principio di uguaglianza formale e sostanziale sancito dalla Costituzione impone di non discriminare tra enti che, a parità di requisiti, aspirino all’iscrizione nel RUNTS e al riconoscimento della personalità giuridica.
Pertanto, anche ai comitati dovrebbe essere riconosciuto l’accesso alla procedura semplificata prevista dall’art. 22, secondo una logica alternativa (e non derogatoria) rispetto al D.P.R. 361/2000.
Patrimonio minimo richiesto: un criterio proporzionale
Qualora il comitato intenda ottenere personalità giuridica, si pone il problema del patrimonio minimo necessario. In assenza di una soglia specificamente prevista per i comitati, è opportuno fare riferimento – per analogia – alla soglia patrimoniale di 30.000 euro stabilita per le fondazioni dallo stesso articolo 22, comma 4.
Questo criterio appare coerente con la natura patrimoniale del comitato, che trova la sua ragion d’essere nella gestione, conservazione e destinazione di fondi raccolti per uno scopo di interesse generale. Anche da questo punto di vista, emerge una convergenza strutturale con altre forme organizzative tipiche del Terzo Settore.
Temporaneità del comitato e durata dell’ente ETS
Un’obiezione ricorrente riguarda la natura temporanea e transitoria del comitato, che sembrerebbe in contrasto con la vocazione strutturale degli enti del Terzo Settore. Tuttavia, tale caratteristica non costituisce un ostacolo normativo, poiché anche il Codice del Terzo Settore consente – all’art. 21 – che associazioni e fondazioni possano avere una durata limitata, espressamente indicata nello statuto.
La durata circoscritta dell’ente, quindi, non è incompatibile con l’iscrizione nel RUNTS né con l’ottenimento della qualifica di ETS, a patto che siano rispettati tutti gli altri requisiti richiesti dalla legge.
Comitati “formali” e comitati “denominativi
Va infine chiarito che non tutti gli enti che si definiscono “comitati” possono essere equiparati ai comitati di cui all’art. 39 c.c. In molte organizzazioni complesse, come ad esempio la Croce Rossa Italiana o le federazioni sportive, esistono articolazioni territoriali denominate “comitati”, che però hanno natura associativa e sono giuridicamente qualificabili come vere e proprie associazioni.
È dunque fondamentale distinguere tra comitati in senso tecnico, ai sensi del Codice Civile , e comitati solo nella denominazione, per evitare confusione al momento della richiesta di iscrizione al RUNTS o di riconoscimento della personalità giuridica.
Comitato e nuove prospettive
L’inquadramento dei comitati nel Codice del Terzo Settore rappresenta una svolta normativa di grande rilievo, capace di colmare una lacuna storica nel riconoscimento di queste realtà sociali. La loro ammissibilità nel RUNTS, la possibilità di ottenere personalità giuridica e l’equiparazione sostanziale ad altri ETS segnano un passo importante verso la valorizzazione di tutte le forze della società civile impegnate nel perseguimento del bene comune.
Per notai, operatori del Terzo Settore e professionisti del diritto, si apre così un campo di applicazione ricco di prospettive, ma anche di nuove responsabilità interpretative e operative. Comprendere appieno le potenzialità e i limiti dei comitati nella disciplina vigente è oggi essenziale per supportare in modo efficace la crescita e la sostenibilità del Terzo Settore italiano.