Le planimetrie per gli atti dal notaio
Quando si va a stipulare un atto notarile, può capitare di sentir parlare delle cosiddette planimetrie, senza magari sapere perché sono importanti, a cosa servono, e quando, invece non sono necessarie. Vediamo dunque come rispondere a tutti questi interrogativi.
Cosa sono le planimetrie
Le planimetrie, o riferimenti planimetrici, sono dei documenti che servono a rappresentare, in piano, la superficie di un immobile. Queste possono avere ad oggetto vari fabbricati e, nel contesto notarile, sono estremamente rilevanti in relazione a questi ultimi. Dalle planimetrie emergono diverse informazioni relative all’immobile che raffigurano, come la suddivisione degli spazi interni e la superficie.
Come dotarsi delle planimetrie
Volendo andare in ordine, il notaio scelto per il rogito si occuperà di fare le dovute visure ipocatastali, che servono, in primo luogo ad identificare il bene catastalmente, e poi, a verificare che non ci siano formalità pregiudizievoli sullo stesso (come ad esempio la presenza di ipoteche). Concentrandosi, in particolare, sull’aspetto dell’identificazione catastale, essa può essere effettuata mediante apposita visura, all’interno della quale sono riportati: il foglio, la particella, il subalterno, eccetera. Oltre a questo, normalmente viene resa disponibile, anche la planimetria.
Perché le planimetrie sono importanti per l’atto notarile
Le planimetrie diventano importanti, in relazione alla stipula di atti dal notaio, che riguardano il trasferimento di fabbricati. Questo perché, bisogna verificare che la planimetria, che raffigura esattamente l’immobile, sia corrispondente, graficamente e descrittivamente, a quanto riportato all’interno della visura avente ad oggetto il medesimo fabbricato (in termine tecnico, va verificato che ci sia il cosiddetto allineamento catastale).
Si tratta di un requisito decisamente rilevante, proprio perché, deve essere resa in atto, una specifica menzione, relativa alla cosiddetta conformità catastale oggettiva. questo significa che, qualora ci sia perfetta corrispondenza fra la visura, e quanto effettivamente riportato all’interno delle planimetrie (in relazione allo stato reale dell’immobile) non ci saranno problemi. Viceversa se questa conformità manchi, non sarà possibile stipulare l’atto, essendo prevista a pena di nullità. Le planimetrie, inoltre, vengono allegate per prassi all’atto notarile.
Per quali atti servono
La normativa sulla conformità catastale richiede che questo riferimento sia riportato in tutti gli atti di trasferimento immobiliare, come già sopra precisato: bisogna però compiere delle specificazioni, in relazione a cosa si intende con questo termine. Infatti detta locuzione generica può ricomprendere diverse ipotesi: può trattarsi di un trasferimento verso corrispettivo, quindi un normale acquisto di immobile, o anche di cessione a titolo gratuito, come avviene in una donazione.
Nell’ambito del “trasferimento immobiliare”, inoltre, si possono ricomprendere, a titolo esemplificativo, gli atti di permuta (con cui avviene uno scambio fra fabbricati, o si scambia il fabbricato con un altro bene o diritto), come anche gli atti transazione aventi ad oggetto il trasferimento di un immobile.
La conformità, poi, deve essere indicata anche negli atti che hanno ad oggetto la costituzione o scioglimento di diritti reali (quali servitù, usufrutto, eccetera). Da un punto di vista oggettivo, il trasferimento o la costituzione di diritti reali, devono riferirsi a fabbricati già esistenti e finiti.
Quando non sono necessarie
Le planimetrie non servono nel caso in cui l’atto notarile riguardi la costituzione di un diritto reale di garanzia, come pegno e ipoteca, ed in tutte le ipotesi nelle quali non avviene un concreto trasferimento di diritti. Inoltre, non sono necessarie (proprio perchè non è necessaria la menzione sulla conformità catastale), con riferimento ai beni comuni non censibili. Sempre oggettivamente parlando, vanno escluse relativamente ai ruderi (o unità collabenti) e ai terreni.
Inoltre, l’esclusione riguarda anche le aree (come ad esempio le aree urbane), che pur essendo accatastate al catasto fabbricati, mantengono la loro natura fattuale di terreno.
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Quando le planimetrie non vanno bene?
Esistono dei casi in cui il riferimento planimetrico necessario per la stipula degli atti sopra menzionati, non possa ritenersi soddisfatto, e quindi può succedere che le planimetrie a disposizione, in sostanza, non vadano bene.
Ovviamente la prima ipotesi che viene in mente è il caso in cui esse siano inesistenti, come nel caso in cui venga trasferito un fabbricato rurale, non denunciato al catasto fabbricati (ma che per espressa normativa di legge dovrebbe esserlo). O ancora, nel caso in cui si tratti di planimetrie non reperibili materialmente oppure non leggibili, che non consentono di comprendere la descrizione immobiliare, e conseguentemente non permettono di capire se possano esserci eventuali difformità, rispetto alla realtà.
Planimetrie non conformi
Oltre a questi difetti, le planimetrie potrebbero essere non conformi, cioè che riportino graficamente qualcosa che non risponde al cosiddetto stato di fatto dell’immobile. La planimetria non conforme, sostanzialmente, è quasi come se fosse inesistente, poiché non può essere usata e non assolve alla funzione notarile.
Uno dei motivi per cui la planimetria potrebbe non essere conforme, è quando siano stati effettuati dei lavori di ristrutturazione all’immobile, ma venga mantenuta la vecchia descrizione catastale. In questo caso, la soluzione potrebbe essere quella di presentare una denuncia di variazione, e dotarsi di una nuova planimetria che sia aggiornata, in relazione alle concrete modifiche apportate.
Planimetrie con difformità non consistenti
Non tutte le difformità fra la planimetria ed il concreto stato di fatto dell’immobile sono rilevanti, in relazione all’identificazione catastale. Quindi non sempre è necessario, anche qualora siano stati eseguiti lavori di ristrutturazione, chiedere una nuova planimetria o imporre una denuncia di variazione. Non lo è, ad esempio, nel caso in cui siano state adottate solo lievi modifiche interne, che non importino variazione del numero di vani o alterazioni particolari dello stato di fatto.
Viceversa, l’obbligo della denuncia di variazione esiste nei casi in cui la variazione incida, a livello catastale, sulla consistenza, sull’attribuzione della categoria e della classe; ovvero, in pratica, quando va a toccare tutti quei parametri, dai quali dipende proprio l’attribuzione della rendita catastale, elemento estremamente importante anche da un punto di vista fiscale.