Limiti di circolazione delle partecipazioni e le clausole che il notaio può suggerire per evitare frequenti variazioni dei soci
- Che cosa si intende per circolazione
- Il regime legale di circolazione nelle società di capitali
- Limiti alla circolazione delle partecipazioni
- Limiti alla circolazione legali
- Limiti volontari alla circolazione delle partecipazioni
- Clausole sulla circolazione in regime di libera trasferibilità
- Clausole che tendono a ristabilire la proporzione
- Clausole di covendita
- Cumulabilità delle clausole
Che cosa si intende per circolazione
Le azioni di S.p.A. e le quote di S.r.l. sono considerati dei veri e propri beni. Difatti, come tutti i beni hanno una loro valutazione patrimoniale e possono essere oggetto di disposizione da parte dei proprietari. Inoltre, le partecipazioni societarie possono essere alienate (vendute, permutate, trasferite per pagare un debito, concesse in usufrutto e date in pegno) oppure trasferite gratuitamente per donazione, patto di famiglia o per successione.
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Il regime legale di circolazione nelle società di capitali
Le società di capitale che hanno maggior diffusione nel substrato economico italiano sono le S.r.l. e le S.p.A.
La regola organizzativa prevista dalla legge è la piena libertà per i soci delle società di trasferire onerosamente o gratuitamente le partecipazioni, contrariamente a quanto accade nelle società di persone, dove le partecipazioni possono essere trasferite solo con il consenso di tutti i soci, o da una maggioranza qualificata nelle società in accomandita semplice, se la quota trasferita fosse quella del socio accomandante. Questa differenza è data dalla figura del socio nelle diverse tipologie societarie. Nelle società di persone, il socio è al centro della vita sociale.
Nelle società di capitali, il socio è un soggetto investitore e quindi la persona che riveste tale qualifica dovrebbe essere indifferente. Per questo motivo, nelle società di persone la modifica dei soci rappresenta una modifica del contratto sociale, mentre nelle società di capitali la modifica dei soci non influisce sull’atto costitutivo.
Benché nelle società di capitali la modifica della compagine sociale dovrebbe essere indifferente, è pur vero che la società ha più possibilità di crescere prospera, se regna l’armonia tra i soci. Per questo motivo, il legislatore ha previsto che anche nelle società di capitali si abbia la possibilità di introdurre limiti ai trasferimenti delle partecipazioni.
Limiti alla circolazione delle partecipazioni
I limiti alla circolazione delle partecipazioni che, per volontà dei soci, possono essere inseriti all’interno di una società di capitali, possono avere efficacia e gradazione diversa.
I soci possono inserire limiti di circolazione mediante la stipulazione di patti parasociali (quindi patti riferiti alla società, ma contenuti in un documento diverso dallo statuto), che hanno forza contrattuale solo tra chi li firma e la cui inosservanza comporta il mero risarcimento del danno.
I soci possono decidere, invece, di introdurre detti limiti alla circolazione all’interno dello statuto, conferendo al patto efficacia reale (che vincola, cioè, chiunque) di modo che la violazione comporti l’inefficacia del trasferimento di fronte alla società.
I limiti alla circolazione possono, poi, valere per tutti i soci o solo per alcuni di essi. Questa volontà è perseguibile nelle S.p.A. attraverso le categorie di azioni che hanno diritti diversi dalle azioni ordinarie, mentre nelle S.r.l. è possibile prevedere diritti particolari dei soci che possono essere diritti positivi (cioè che danno una facoltà), ma anche negativi (cioè che tolgono determinate facoltà). Infatti, diritti e doveri nelle S.p.A. non possono essere caratterizzati in maniera soggettiva, quindi riferiti direttamente ai soci, ma solo in maniera oggettiva, poiché solo le azioni possono conferire diritti diversi a che ne è titolare.
I limiti alla circolazione possono essere caratterizzati dal fatto di avere una efficacia assoluta o relativa a seconda che il trasferimento sia sempre vietato oppure concesso a determinate condizioni.
Oltre alle limitazioni di circolazione dettate dalla volontà dei soci esistono anche limiti legali alla circolazione, cioè direttamente disposti dalla legge.
Limiti alla circolazione legali
I limiti legali alla circolazione sono normati unicamente per le S.p.A. Il legislatore prevede due casi principali in cui le azioni non possono essere alienate. Il primo è previsto per le azioni liberate con il conferimento in natura (cioè il conferimento eseguito con beni diversi dal denaro) che fino alla valutazione di controllo degli amministratori non possono essere vendute ma possono essere trasferite unicamente per donazione e successione.
Il secondo caso è rappresentato dalle azioni con prestazioni accessorie. Queste azioni sono caratterizzate dall’obbligo aggiuntivo del socio di prestare una data attività nei confronti dei soci. Queste azioni non possono essere trasferite a terzi, né onerosamente, né gratuitamente, senza il consenso degli amministratori che devono valutare la qualità del terzo acquirente.
Limiti volontari alla circolazione delle partecipazioni
I limiti volontari alla circolazione sono quelli che i soci - escludendo i patti parasociali - decidono di introdurre volontariamente all’interno dello statuto.
Questi patti possono essere già presenti dalla costituzione della società oppure introdotti e modificati con una deliberazione assembleare successiva.
Di seguito le clausole più frequenti.
Divieto assoluto di trasferimento
Con questa clausola, la società vieta in maniera assoluta ogni tipo di trasferimento delle proprie partecipazioni, che per le S.p.A. ha un limite temporale di 5 anni decorrenti dalla costituzione o dall’inserimento della clausola di limitazione, mentre nelle S.r.l. può essere perpetuo, salvo riconoscere al socio la facoltà di recedere liberamente. Il recesso nelle S.r.l. può essere, però, escluso solo per due anni e non oltre.
Questa possibilità era esclusa prima della riforma e, pertanto, una clausola che vietasse totalmente il trasferimento era considerata nulla, in quanto contraria a principi e norme inderogabili della disciplina delle S.p.A..
Il legislatore ha in parte voluto tenere conto dei dubbi espressi prima della riforma entrata in vigore nel 2004, prevedendo un termine di validità per l’intrasferibilità. D’altro canto ha voluto comunque riconoscere rilevanza all’interesse della società a proibire il trasferimento delle partecipazioni, in modo tale da impedire le c.d. scalate ostili e stabilizzare i rapporti di forza tra i soci.
Clausola di prelazione
Con la clausola di prelazione i soci si obbligano a preferire - a parità di condizioni - gli altri soci nel caso in cui decidano di alienare le proprie azioni o quote. Tradizionalmente, la clausola è stata sempre valutata legittima, perché colui che esercita il potere di impedire l’ingresso in società di un terzo ne sopporta anche il costo, dovendo acquistare la partecipazione e, d’altro canto, il socio che vuole disinvestire percepisce lo stesso corrispettivo che avrebbe ottenuto immettendo sul mercato la propria partecipazione.
Abitualmente, si distingue fra clausole di prelazione proprie, nelle quali il socio che decide di esercitare la prelazione deve offrire al socio alienante le stesse condizioni di acquisto proposte dal terzo, dalle clausole di prelazione improprie, nelle quali il prezzo di acquisto da parte dei soci non è lo stesso offerto dal terzo, ma è stabilito in base a criteri oggettivi predeterminati o - in caso di disaccordo tra le parti - in base alla scelta di un terzo con funzioni di arbitratore. La prelazione impropria può essere utilizzata anche per permettere agli altri soci di acquistare le partecipazioni per il caso in cui il socio intenda donare o trasferire senza corrispettivo in denaro la propria partecipazione.
Clausola di gradimento
Con la clausola di gradimento, i soci subordinano il trasferimento della partecipazione alla manifestazione di una approvazione da parte di un organo sociale o di uno o più soci. Nelle S.r.l. sembrerebbe possibile assegnare questo consenso anche ad un soggetto estraneo alla società, facoltà che nelle S.p.A. non esiste.
Costituisce clausola di mero gradimento quella formulata in modo tale da impedire al socio venditore di fare una previsione in ordine alla concessione del placet e quindi di programmare il disinvestimento. La decisione di prestare il consenso o meno ad una cessione di partecipazione non è vincolata a nessun criterio. La decisione è libera e il diniego non deve essere nemmeno motivato. Questa tipologia di clausole richiede un correttivo per evitare che il socio rimanga prigioniero della società. È possibile, quindi, prevedere l’obbligo di acquisto in capo agli altri soci, il recesso oppure la presentazione di un terzo acquirente gradito alla società.
Costituiscono clausole di gradimento non mero o clausole di gradimento proprio quelle che fissano criteri che, pur implicando una valutazione in qualche misura discrezionale, impongono di seguire determinati criteri per raggiungere una decisione. In altri termini, sono considerate tali le previsioni statutarie che predeterminino le qualità soggettive o le specifiche situazioni oggettive alle quali è subordinata la concessione del gradimento.
Clausole sulla circolazione in regime di libera trasferibilità
La possibilità di influire sulla circolazione delle partecipazioni non si esaurisce con la possibilità di prevedere limiti che inibiscano la cessione o che controllino la qualità del potenziale nuovo socio. Il notaio può, infatti, suggerire diversi modi per limitare il fattore circolazione delle partecipazioni. Non sempre l’interesse dei soci e della società è quello di prevenire in ogni modo possibile che una partecipazione venga ceduta, come per le clausole viste sopra.
A volte, l’interesse da tutelare può essere diverso dal mantenere fissa e rigida la compagine sociale. Ad esempio, l’interesse da tutelare può essere quello di mantenere le medesime proporzioni tra i soci - chiunque esso sia - oppure quello di evitare che un socio possa acquistare tante partecipazioni che gli permettano di comandare indisturbatamente all’interno della società, oppure ancora quello di rendere più facile alla maggioranza la vendita della società come permettere alla minoranza di vendere le proprie partecipazioni insieme alla maggioranza.
Queste clausole sono, quindi, state pensate per operare in regime di libera trasferibilità delle partecipazioni, prevedendo obblighi di vendita e facoltà di acquisto in un momento successivo ad eventuali cessioni di partecipazioni.
Già da un primo sguardo, le possibilità sono molte e, come sempre, salvo alcune eccezioni, le clausole possono gravare su tutti i soci, solo su alcune categorie di azioni oppure, nelle società a responsabilità limitata, conferire un diritto particolare al socio.
Clausole che tendono a ristabilire la proporzione
Le clausole che tendono a ristabilire le proporzioni sono quelle che conferiscono ai soci un diritto potestativo - quindi un diritto esercitabile solo se voluto - di acquistare le partecipazioni di un altro socio.
Clausola di riscatto
Con la clausola di riscatto si attribuisce il diritto ai soci di acquistare le partecipazioni di un altro socio, qualora si verifichino determinate condizioni. Quindi, qualora il diritto di riscatto venga esercitato da uno o più soci, il socio che la subisce nulla può fare. Per un buon funzionamento della clausola è necessario prevedere i presupposti che danno vita al diritto di riscatto. I presupposti, solitamente, coincidono con l’interesse tutelato.
Qualora l’interesse sia quello di evitare che ci siano soci con partecipazioni elevate, il riscatto degli altri soci nascerà limitatamente alla parte di partecipazione che supera una predeterminata soglia percentuale di azioni o quote, in modo da fissare un tetto massimo. Difatti, questa tipologia di clausola è anche conosciuta come clausola di tetto massimo.
Se l’interesse da tutelare è, invece, il mantenimento di determinate qualità nei soci, la perdita di questa qualità fa nascere il diritto di riscatto da parte degli altri soci. Ci si deve ricordare che il riscatto è una facoltà e mai un obbligo.
Altro aspetto di cui tenere debitamente conto è il corrispettivo a cui possono essere riscattate le partecipazioni. La valutazione della partecipazione può essere fatta con diversi criteri, ma sembrerebbe che non possa mai essere inferiore a quella che si otterrebbe con il recesso.
Clausola di opzione
Simile alla clausola di riscatto è la clausola di opzione. Solitamente è presente negli statuti delle società come bilanciamento degli interessi in caso di successione a causa di morte della partecipazione. È una clausola adatta al controllo della qualità degli eredi dei soci dopo averli sottoposti ad un periodo di prova. Infatti, con questo tipo di clausola si stabilisce che la partecipazione è liberamente trasferibile agli eredi o legatari ma che, entro un determinato periodo di tempo dall’acquisto a causa di morte, gli altri soci hanno il diritto di acquistare la partecipazione dagli eredi ad un corrispettivo predeterminato, che non può mai essere inferiore a quello che si otterrebbe con il recesso.
Con la clausola di opzione, quindi, gli eredi o legatari del socio defunto sono sempre obbligati a vendere, mentre gli altri soci hanno la facoltà di acquistare le partecipazioni e mai l’obbligo di farlo.
Clausole di covendita
Le clausole di “covendita” o “trascinamento”, di origine anglosassone, sono clausole inserite all’interno degli statuti al fine di regolamentare la vendita di tutte le partecipazioni della società in caso di offerta, da parte di estranei, di acquisto di un pacchetto di maggioranza.
Tradizionalmente si distingue, all’interno di questa tipologia di clausole, tra clausole “tag along”, “drag along” e “bring along”, che differiscono tra loro sulla base di coloro a cui è posto l’obbligo di vendere, di procurare la vendita oppure di acquistare la partecipazione.
Clausola Tag Along detta anche “Piggy Back”
Questa clausola è generalmente posta a tutela dei soci di minoranza a cui viene conferito il diritto di approfittare delle condizioni economiche ottenute dal socio di maggioranza in caso di vendita della relativa partecipazione di maggioranza e, quindi, di avvantaggiarsi della sua forza contrattuale di cui gode sul mercato, ad esempio nella determinazione del prezzo.
In forza di questa clausola, il soggetto intenzionato a cedere la propria partecipazione potrà farlo a condizione di ottenere dal suo acquirente l’impegno all’acquisto delle residue partecipazioni alle medesime condizioni riconosciute al socio di maggioranza. Dall’altra parte, il socio di minoranza ha il diritto di vendere le proprie partecipazioni al terzo acquirente, che è obbligato ad acquistarle.
Clausola Drag Along
Con questa clausola si attribuisce al socio venditore – solitamente, ma non necessariamente, il socio di maggioranza - la facoltà di vendere, insieme alla propria partecipazione anche le partecipazioni di un altro socio (solitamente di minoranza), assicurando a quest’ultimo le medesime condizioni di vendita ed il medesimo prezzo ottenuto nella propria trattativa.
La clausola ha due distinte finalità.
La prima, mira ad offrire al socio di minoranza un’adeguata forma di tutela nelle ipotesi di cessione del pacchetto di maggioranza, consentendogli di spuntare un prezzo migliore.
La seconda è quella di rendere più semplice la vendita di una partecipazione di maggioranza poiché consente all’acquirente di acquistare fino al 100% del capitale sociale e di non avere soci di minoranza scomodi.
Clausola Bring Along
Questa clausola costituisce una variante della clausola “Drag Along” e disciplina il diritto di “trascinare” nella vendita avente ad oggetto la partecipazione di maggioranza gli altri soci, considerati di minoranza.
La differenza rispetto alla clausola “Drag Along” è che in questo caso non è il socio di minoranza ad essere beneficiario della clausola, ma è il socio di maggioranza, che, in caso di cessione del proprio pacchetto azionario, avrà la facoltà di obbligare anche il socio di minoranza a cedere il proprio.
Questa clausola necessita di un duplice presupposto. Il primo, è che venga ceduto il pacchetto di maggioranza nella misura percentuale superiore alla soglia minima indicata in statuto.
Il secondo, è che il socio di maggioranza manifesti la sua volontà di vendere al terzo la propria partecipazione.
Cumulabilità delle clausole
È naturale che una singola clausola non possa essere sufficiente a tutelare in maniera efficace tutte le esigenze dei soci.
Per questo motivo, le clausole viste sopra possono essere cumulate tra loro. Ad esempio, solitamente gli statuti che prevedono diverse clausole limitative alla circolazione seguono quest’ordine: 1) clausola di prelazione, 2) clausola di gradimento e 3) clausola di covendita.