Diritto di superficie ed energie rinnovabili: la riforma

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Come cambia il diritto di superficie per energie rinnovabili

Negli ultimi anni, l’attenzione verso le energie rinnovabili è cresciuta notevolmente, portando con sé nuove normative e disposizioni che mirano a favorire la transizione energetica. Una delle novità più rilevanti in questo ambito è stata introdotta dall’art. 5, comma 2-bis, del decreto legge 15 maggio 2024, n. 63, convertito con modifiche dalla legge 12 luglio 2024, n. 101. La norma disciplina la concessione del diritto di superficie su terreni destinati all’installazione di impianti per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, definendo in maniera puntuale la durata dei contratti e le modalità di rinnovo.

Si tratta di un intervento normativo che solleva numerose questioni interpretative e che ha già acceso il dibattito tra gli operatori del settore. In questo articolo, esploreremo le principali novità introdotte dalla legge, analizzando i punti critici e le implicazioni pratiche per i soggetti coinvolti, con particolare attenzione alla compatibilità delle nuove disposizioni con l’ordinamento giuridico vigente.

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Tipo di contratto per diritto di superficie

La nuova normativa sul diritto di superficie, introdotta dal decreto legge 63/2024, solleva diverse problematiche interpretative, soprattutto in merito alla distinzione tra contratti a esecuzione istantanea e contratti di durata. Nella prassi giuridica, infatti, i contratti a esecuzione istantanea producono i loro effetti in un solo momento, come avviene nei contratti che costituiscono o trasferiscono diritti reali.

Tra questi rientrano anche i contratti preliminari, i quali, pur avendo effetti differiti nel tempo, si esauriscono all’atto della stipula del contratto definitivo. Dall’altra parte, i contratti di durata implicano l’esecuzione protratta delle prestazioni, come avviene nei contratti di locazione o nei contratti a esecuzione periodica. La confusione nasce dal fatto che la norma sembra riferire il concetto di durata ai contratti stessi, senza distinguere adeguatamente tra le diverse tipologie contrattuali e le loro caratteristiche giuridiche.

Durata del diritto di superficie

Tuttavia, una lettura più attenta e sistematica del testo normativo permette di comprendere che la durata stabilita dalla legge non riguarda il contratto in sé, ma il diritto di superficie che esso costituisce. In effetti, la norma prevede che, in assenza di una durata espressamente pattuita, il diritto di superficie si intenda convenuto per sei anni.

Questa interpretazione appare più coerente con l’ordinamento giuridico e con il principio secondo cui i contratti preliminari non costituiscono contratti di durata, ma sono semplici atti preparatori per la conclusione del contratto definitivo. Inoltre, il termine fissato per la stipula del definitivo rappresenta un termine per l’adempimento e non una durata contrattuale. Alla luce di ciò, risulta infondata la posizione espressa dall’Agenzia delle Entrate nella risoluzione n. 4/2025, che ipotizza una deroga all’art. 2645-bis del Codice Civile in merito all’efficacia della trascrizione del preliminare. La norma, infatti, si limita a disciplinare la durata minima del diritto di superficie senza incidere sulla validità o sulla durata della trascrizione stessa.

Diritto di superficie ed energie rinnovabili la riforma

Rinnovo del contratto di concessione di diritto di superficie

L'istituto del rinnovo previsto dalla nuova normativa sui contratti di concessione del diritto di superficie solleva ulteriori interrogativi, poiché sembra richiamare concetti tipici dei contratti di durata, difficilmente compatibili con i contratti a effetti reali. In particolare, la disposizione prevede che il rinnovo automatico avvenga per ulteriori sei anni alla prima scadenza, indipendentemente dalla volontà delle parti, mentre, alla seconda scadenza, le parti hanno la possibilità di concordare nuove condizioni o rinunciare al rinnovo. In mancanza di comunicazione o accordo, il rinnovo scatta automaticamente alle medesime condizioni, creando incertezza interpretativa su vari aspetti, come la durata e le condizioni economiche del rinnovo. Tale impostazione desta perplessità, poiché i contratti che costituiscono o trasferiscono diritti reali non dovrebbero essere soggetti a meccanismi di rinnovo automatico, essendo strutturalmente orientati a produrre effetti immediati e definitivi.

Tutela dei terzi per il rinnovo

La questione diventa ancora più complessa quando si considera l'opponibilità ai terzi del rinnovo automatico in assenza di trascrizione. Dal momento che il rinnovo opera ex lege senza alcun titolo espresso, non vi è certezza sulla sua validità nei confronti di soggetti estranei al contratto originario. Inoltre, il legislatore non ha chiarito se il primo rinnovo debba avvenire alle stesse condizioni economiche del contratto originario o se sia necessario un adeguamento del corrispettivo, il che rischia di alterare l'equilibrio contrattuale a danno del proprietario del suolo. Una possibile soluzione potrebbe essere quella di prevedere già nel contratto originario una clausola che disciplini l'integrazione del corrispettivo in caso di rinnovo, evitando così di lasciare alla discrezionalità delle parti o all'intervento giudiziario la determinazione di eventuali aggiustamenti economici. In ogni caso, appare evidente l’esigenza di un’interpretazione sistematica e prudente della norma, che tenga conto della natura reale del diritto di superficie e delle sue peculiarità rispetto ai contratti di durata.

Autonomia statutaria e limiti 

La normativa sulla durata minima del diritto di superficie impone limiti stringenti all’autonomia privata, stabilendo che, anche qualora le parti concordino una durata inferiore ai sei anni o non specifichino alcuna durata, si applicherà automaticamente quella minima prevista per legge. Tale meccanismo, basato sull’art. 1339 del Codice Civile , non consente deroghe in tal senso, vincolando le parti alla durata legale. Tuttavia, resta aperta la possibilità di costituire un diritto di superficie perpetuo, purché ciò sia chiaramente espresso nell’accordo contrattuale, evitando così l’applicazione automatica della durata minima. In mancanza di una chiara pattuizione in tal senso, il diritto verrà comunque inteso come temporaneo, limitando significativamente la libertà contrattuale.

Primo rinnovo automatico del contratto

Per quanto riguarda il primo rinnovo automatico, nonostante l’apparente assenza di una clausola esplicita di inderogabilità, l’interpretazione prevalente lo considera comunque vincolante, poiché la normativa stabilisce in modo perentorio che, alla prima scadenza, il contratto debba essere rinnovato per ulteriori sei anni. Sebbene le parti non possano escludere preventivamente tale rinnovo, è sempre possibile sciogliere il contratto per mutuo consenso ai sensi dell’art. 1372 del Codice Civile , oppure il superficiario può rinunciare unilateralmente al proprio diritto. Resta tuttavia controversa l’eventuale pattuizione di un obbligo reciproco di risoluzione consensuale alla prima scadenza, poiché potrebbe configurarsi come un tentativo di eludere la norma imperativa, incorrendo nel divieto di frode alla legge. Di contro, il secondo rinnovo automatico presenta un carattere derogabile, consentendo alle parti di disciplinare liberamente la procedura di rinnovo o rinuncia, garantendo così una maggiore flessibilità contrattuale rispetto alla prima fase del rapporto giuridico.

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